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Salvatore Amico
Amministratore
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Domande e Risposte


Sicurezza sul lavoro.
"Cos’è la valutazione dei rischi?"
Per garantire un ambiente di lavoro sano e sicuro dovete innanzi tutto eseguire una valutazione dei rischi. La valutazione dei rischi costituisce la base per la gestione della salute e della sicurezza e rientra tra i vostri obblighi di legge.
La valutazione dei rischi consiste nel valutare i rischi esistenti per la salute e la sicurezza dovuti ai pericoli nel luogo di lavoro ai quali siete esposti voi e i vostri collaboratori e familiari. Si tratta di un esame sistematico di tutti gli aspetti del lavoro che prende in considerazione:
•le possibili cause di infortuni o danni,
•la possibilità di eliminare i rischi e, in caso negativo,
•le misure di prevenzione o protezione che sono o dovrebbero essere in atto per tenere i rischi sotto controllo (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro: https://osha.europa.eu/it).
La valutazione dei rischi dovrebbe essere definita per iscritto.
FASI DI ESECUZIONE DELLA VALUTAZIONE DEI RISCHI
L’esecuzione della valutazione dei rischi comprende cinque fasi fondamentali:

FASE 1 Individuazione e registrazione dei pericoli
FASE 2 Valutazione dei pericoli per determinare il livello di rischio
FASE 3 Individuazione delle misure di prevenzione e protezione
FASE 4 Attuazione delle misure
FASE 5 Monitoraggio e revisione

Dovete sapere quali situazioni potrebbero arrecare danno a VOI e ai VOSTRI COLLABORATORI per poterle gestire Fonte: Punto Sicuro.
Obblighi di sicurezza per una società in accomandita semplice.
"Si può considerare il socio accomandatario che presta l’attività lavorativa per conto della propria società come un lavoratore autonomo, ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di salute e di sicurezza sul lavoro di cui al D. Lgs. n. 81/2008, e quindi applicare nei suoi confronti, nel caso che non utilizzi i necessari dispositivi individuali di sicurezza, le disposizioni di cui all’articolo 21 del decreto legislativo medesimo?"
Il quesito, finalizzato ad individuare se un socio accomandatario che presta l’attività lavorativa per conto della propria società può essere considerato come un lavoratore autonomo e finalizzato altresì a conoscere quale sanzione si può applicare nei suoi confronti nel caso in cui non utilizzi i DPI previsti per tutelare la propria salute e sicurezza sul lavoro, ci induce ad esaminare i termini di applicazione del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, alle società in accomandita semplice.
  La società in accomandita semplice (s.a.s.) è una particolare società della quale fanno parte due categorie di soci e cioè l'accomandatario e l’accomandante. Il primo risponde solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali e si occupa della gestione amministrativa della società per cui ha la responsabilità rappresentativa della stessa mentre il secondo risponde delle obbligazioni contratte dalla società limitatamente alla quota conferita e non può compiere atti di amministrazione se non in forza di una specifica procura.
  Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al D. Lgs. n. 81 il socio accomandatario è considerato datore di lavoro mentre i soci accomandanti, nel caso in cui prestino la loro attività lavorativa per conto della società medesima, così come si verifica nel caso in esame, risultano essere equiparati, ai sensi dell’art. 2 comma 1 lettera a) del D. Lgs. n. 81/2008 ed ai fini della applicazione dello stesso decreto, a lavoratori subordinati e quindi il socio accomandatario dovrà provvedere nei suoi confronti ad attuare tutti gli adempimenti previsti dal D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i..
  La definizione invece di lavoratore autonomo, ai fini dell’applicazione del D. Lgs. n. 81/2008, è inserita nell’articolo 89 comma 1 lettera d) dello stesso D. Lgs. anche se è riportata nel Titolo IV che riguarda i cantieri temporanei o mobili. Secondo tale definizione deve intendersi per lavoratore autonomo “una persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell’opera senza vincolo di subordinazione”. Lo stesso D. Lgs con l’art. 21 ha stabilito a carico dei lavoratori autonomi, che compiono opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del codice civile, delle disposizioni consistenti nell’obbligo di utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III (comma 1 lettera a), di munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III (comma 1 lettera b), e di munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto (comma 1 lettera c) nonché nella facoltà di beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali (comma 2 lettera a) e di partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali  (comma 2 lettera c).
  Ciò detto ed in risposta al quesito formulato è chiaro che il socio accomandatario non può essere considerato un lavoratore autonomo e non si possono quindi applicare nei suoi confronti le sanzioni previste per le violazioni dell’art. 21 essendo lo stesso il datore di lavoro di una organizzazione e essendo tenuto come tale ad applicare nei confronti ed a tutela del soci accomandanti tutte le disposizioni che la legge pone a suo carico quale datore di lavoro. Per quanto riguarda in particolare l’obbligo dell’utilizzo dei DPI, al quale si fa esplicito riferimento nel quesito formulato, si è del parere che al limite, essendo in tali casi il datore di lavoro anche un “lavoratore” che presta la propria attività per conto della società e che quindi corre gli stessi rischi che corrono i lavoratori dipendenti questi è tenuto in tale veste, nel rispetto di un principio di autotutela, ad adempiere anche agli obblighi di cui all’art. 20 del D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i.. in base al quale ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni (comma 1). Secondo il comma 2 dello stesso articolo 20, infine, i lavoratori devono fra l’altro utilizzare i DPI necessari per la tutela anche della propria salute rispettando un obbligo che prevede per gli inadempienti la penalità, ai sensi dell’art. 59 comma 1 lettera a) del D. Lgs. n. 81/2008, dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda da 219,20 a 657,60 euro. Fonte: Punto Sicuro.
Aggiornamento per l'abilitazione alla conduzione di particolari attrezzature di lavoro.
"La Conferenza Stato-Regioni del 22/02/2012 ha previsto un aggiornamento quinquennale della formazione specifica per la guida/utilizzo di alcune macchine/attrezzature. Alla scadenza del quinquennio, il lavoratore non può più manovrare la macchina/attrezzatura in attesa del corso di aggiornamento oppure esiste un tempo di transizione per cui può condurre a " patentino" scaduto? E se è così cosa far fare al patentato in attesa di completare l’aggiornamento?"
Sembra un po’ presto per cominciare a preoccuparsi su quanto accadrà alla scadenza del quinquennio per l’aggiornamento dei lavoratori adibiti alla conduzione di una delle particolari attrezzature di lavoro di cui all’Accordo raggiunto nell’ambito della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome (nel seguito più semplicemente Accordo), Accordo pubblicato sulla G.U. del 12/3/2012 ed entrato in vigore il 12/3/2013, considerato che il quinquennio per coloro che si sono abilitati dopo l’entrata in vigore dell’Accordo stesso scadrà non prima del 12/3/2018 e che anche per coloro per i quali è stata riconosciuta una formazione pregressa di cui al punto 9 dell’Accordo, e cioè una formazione impartita fra la data pubblicazione dell’Accordo sulla Gazzetta Ufficiale e la sua data di entrata in vigore, il quinquennio non scadrà in ogni caso prima del 12/3/2017. Il lettore chiede comunque se per quei lavoratori che non si sono aggiornati entro il quinquennio di riferimento è previsto un periodo di transizione a “patentino scaduto” durante il quale lo stesso possa continuare ad operare sull’attrezzatura stessa in attesa di regolarizzare la propria posizione.
  L’aggiornamento degli operatori delle particolari attrezzature di lavoro elencate nell’Accordo Stato-Regioni del 22/2/2012 è regolamentato dal punto 6 dell’Accordo stesso secondo il quale:
  “6.1. L’abilitazione deve essere rinnovata entro 5 anni dalla data di rilascio dell’attestato di abilitazione di cui al punto 5.2, previa verifica della partecipazione a corso di aggiornamento.
6.2. Il corso di aggiornamento di cui al punto 6.1 ha durata minima di 4 ore, di cui almeno 3 ore sono relative agli argomenti dei moduli pratici, di cui agli allegati III e seguenti”
  mentre per coloro per i quali alla data di entrata in vigore dell’Accordo è stata riconosciuta una formazione pregressa in base alle indicazioni di cui al punto 9.1 secondo il quale:
  “9.1 Alla data di entrata in vigore del presente accordo sono riconosciuti i corsi già effettuati che, per ciascuna tipologia di attrezzatura, soddisfino i seguenti requisiti:
 a) corsi di formazione della durata complessiva non inferiore a quella prevista dagli allegati, composti di modulo teorico, modulo pratico e verifica finale dell’apprendimento;
 b) corsi, composti di modulo teorico, modulo pratico e verifica finale dell’apprendimento, di durata complessiva inferiore a quella prevista dagli allegati a condizione che gli stessi siano integrati tramite il modulo di aggiornamento di cui al punto 6, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del presente accordo”
c) corsi di qualsiasi durata non completati da verifica finale di apprendimento a condizione che entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del presente accordo siano integrati tramite il modulo di aggiornamento di cui al punto 6 e verifica finale dell’apprendimento”
  la validità degli attestati di abilitazione conseguenti ai corsi di cui al citato punto 9.1 è, secondo quanto indicato nel punto 9.2, di 5 anni a decorrere rispettivamente dalla data di attestazione di superamento della verifica finale di apprendimento per quelli di cui alla lettera a), a decorrere dalla data di aggiornamento per quelli di cui alla lettera b) e dalla data di attestazione di superamento della verifica finale di apprendimento per quelli di cui alla lettera c), per cui entro tali termini  gli stessi sono tenuti ad aggiornarsi.
  E’ chiaro quindi che se alla scadenza del quinquennio così come sopra determinato non è stato completato il relativo aggiornamento la validità dell’abilitazione alla conduzione dell’attrezzatura sulla quale il lavoratore aveva operato è sospesa per cui il lavoratore non può più condurre l’attrezzatura stessa e l’abilitazione riprenderà la sua validità solo dopo la regolarizzazione della sua posizione. Nell’Accordo del 22/2/2012, infatti, non è previsto un periodo di validità provvisoria in attesa del rinnovo. La procedura è analoga sostanzialmente a quella per il rinnovo della patente per la conduzione di autoveicoli o motoveicoli.
  Ora cosa far fare all’operatore nelle more dell’aggiornamento? Considerato che comunque basta veramente ben poco e cioè un sol giorno per sanare la posizione dell’operatore, facendogli frequentare il corso di aggiornamento della durata di 4 ore, e considerato altresì che, secondo quanto indicato dal Ministero del Lavoro nella Circolare n. 12/2013 dell’11/3/2013, è riconosciuta, ai fini dell’effettuazione del corso di aggiornamento di cui al punto 6 dell’Accordo del 22/2/2012, addirittura la possibilità che le 3 ore relative agli argomenti dei moduli pratici siano effettuate anche in aula con un numero massimo di partecipanti al corso non superiore a 24 unità, sembra proprio che si sia davanti ad un falso problema.
Fonte: Punto Sicuro.
Addestramento dei lavoratori per l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale di terza categoria.
Un lavoratore che deve essere adibito all’utilizzo di una piattaforma di lavoro elevabile che ha frequentato il corso previsto dall’Accordo Stato Regioni del 22/2/2012 deve svolgere anche il corso per  l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale di III categoria di cui all’art. 77 comma 5 del D. Lgs. n. 81/2008?
Il quesito, finalizzato a conoscere se chi ha frequentato il corso per l’abilitazione alla conduzione di una piattaforma di lavoro elevabile (nel seguito indicata più brevemente come PLE), così come previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 22/2/2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12/3/2012 ed entrato in vigore dal 12/3/2013, e relativo alla conduzione di particolari attrezzature di lavoro di cui all’articolo 73 comma 5 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 deve comunque essere stato addestrato all’uso dei dispositivi di protezione individuale contro la caduta dall’alto (cintura di sicurezza), richiede un esame delle normative applicabili al caso in esame ed alle quali fanno capo gli obblighi corrispondenti.
  L’obbligo dell’addestramento dei lavoratori all’uso di un DPI di III categoria, alla quale appartiene la cintura di sicurezza, è stato stabilito con l’art. 77 del D. Lgs. n. 81/2008, contenente gli obblighi del datore di lavoro per quanto riguarda la scelta, la fornitura, l’utilizzo, la manutenzione, l’informazione e la formazione circa l’uso corretto e l’utilizzo pratico dei DPI in generale, il quale al comma 5 lettera a) ha stabilito in particolare che “in ogni caso l’addestramento è indispensabile per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992 n. 475, appartenga alla terza categoria”.
  L’obbligo dell’abilitazione dei lavoratori addetti ad operare sulle attrezzature che richiedono per il loro impiego conoscenze e responsabilità particolari in relazione ai rischi specifici, alle quali appartengono le piattaforme di lavoro elevabili di cui al quesito, è stato invece stabilito con l’articolo 71 comma 7 secondo il quale l’uso di tali attrezzature deve essere riservato da parte del datore di lavoro a lavoratori allo scopo incaricati che abbiano appunto ricevuto una informazione, formazione ed addestramento adeguati, obbligo che è stato ribadito anche nel comma 4 dell’articolo 73 dello stesso decreto legislativo relativo agli adempimenti sulla formazione dei lavoratori delle attrezzature di lavoro in generale. Con lo stesso articolo 73 il legislatore al il comma 5 ha assegnato alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano (più brevemente Conferenza Stato-Regioni) il compito di individuare quelle attrezzature di lavoro da considerarsi particolari per le quali viene richiesta una abilitazione da parte degli operatori oltre che di fissare le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione e di individuare i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione stessa, cosa che la stessa Conferenza Stato-Regioni ha fatto emanando il citato Accordo raggiunto nella seduta del 22/2/2012.
  In tale ultimo Accordo al punto A) dell’Allegato A in corrispondenza della lettera a) sono state riportate e definite appunto le “piattaforme di lavoro mobili elevabili” il cui programma di abilitazione è consultabile nell’Allegato III dello stesso Accordo. Tale programma si sviluppa in tre moduli e più precisamente in un modulo giuridico-normativo della durata di 1 ora, in un modulo tecnico della durata di 3 ore nonché in un modulo pratico della durata di 4 ore per l’abilitazione all’uso delle PLE che operano con l’uso degli stabilizzatori e della durata di 6 ore per l’abilitazione all’uso delle PLE che operano senza l’uso degli stabilizzatori. Dall’esame del programma del modulo tecnico relativo all’utilizzo delle PLE emerge nel punto 2.5 che nel relativo corso di abilitazione devono essere indicati ed illustrati i DPI specifici da utilizzare nell’operare con tali attrezzature e più precisamente  “i caschi, le imbracature, il cordino di trattenuta e le relative modalità di utilizzo inclusi i punti di aggancio in piattaforma” ma nel modulo pratico fra le esercitazioni operative non risultano riportate, si fa osservare, delle esercitazioni relative all’utilizzo delle imbracature di sicurezza a protezione dalla caduta dall’alto il cui uso è comunque obbligatorio nell’utilizzo di tali attrezzature.
  Ciò detto, nel premettere che l’addestramento alla conduzione delle PLE e quello all’uso dei DPI sono due cose completamente diverse essendo l’uno finalizzato a saper utilizzare in sicurezza la particolare attrezzatura di lavoro e l’altra invece finalizzato a sapere usare la cintura di sicurezza, si fa presente, in risposta al quesito formulato, che chi ha frequentato il corso di abilitazione all’uso delle PLE non è affatto esonerato dall’addestramento all’uso della cintura di sicurezza anzi al contrario chi vuole frequentare il corso di abilitazione per le PLE dovrà dimostrare quale requisito per l’iscrizione allo stesso di essere già stato addestrato nell’uso di tale DPI di terza categoria. Si è a conoscenza a tal proposito che alcuni centri di formazione, nel caso in cui chi si iscrive non sia già in possesso di un addestramento sull’utilizzo della cintura di sicurezza provvedono ad integrare il programma di abilitazione proprio per fornire tale formazione specifica.
  Ciò non avviene ad esempio, per fare un confronto, per coloro che hanno frequentato invece il corso per il montaggio e smontaggio di ponteggi o per l’uso dei sistemi di accesso e posizionamento mediante funi di cui all’Accordo Stato–Regioni del 26/1/2006, recepito dal legislatore e riportato nell’Allegato XXI del D. Lgs. n. 81//2008, in quanto nel programma dei corsi destinati a tali operatori è prevista una formazione specifica sulle modalità di utilizzo delle cinture di sicurezza il cui uso è obbligatorio anche per coloro che sono addetti a tali operazioni. Fonte: Punto Sicuro.
Valutazione dei rischi e sulla redazione del relativo documento di valutazione nel caso di costituzione di una nuova impresa.
Nel caso di costituzione di una nuova impresa, secondo l’art. 28 comma 3-bis del D. Lgs. n. 81/2008, il datore di lavoro dopo avere effettuata la valutazione dei rischi deve dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e di cui al comma 3 dello stesso articolo. Riportando queste lettere i contenuti del DVR, tale richiesta non è in contraddizione con la facoltà concessa allo stesso comma 3-bis di elaborare il DVR entro 90 giorni dalla data di inizio dell’attività?
Il quesito fa riferimento alle disposizioni contenute nel comma 3-bis del D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. riguardanti l’obbligo di valutazione dei rischi e di redazione del DVR per le imprese di nuova costituzione e più in particolare alle modifiche che sono state apportate allo stesso comma 3-bis dalla legge n. 161 del 30/10/2014, la cosiddetta legge europea 2013-bis, contenente “Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea”, modifiche che hanno sollevato nel lettore le perplessità espresse nel quesito formulato. 
  Si precisa, in premessa, che la modifica del comma 3-bis dell’art. 28 del D. Lgs. n. 81/2008 sopra indicata è stata introdotta al fine di soddisfare una richiesta pervenuta all’Italia dalla Commissione Europea con riferimento alla procedura di infrazione n. 2010/4227 per avere la stessa violato la direttiva quadro europea 89/391/CEE sulla sicurezza sul lavoro. La Commissione Europea aveva giustificata la richiesta di rivedere il comma 3-bis dell’articolo 28 fatta al legislatore italiano affermando testualmente che “non si può negare che l'esonero dall'obbligo di redigere un documento di valutazione dei rischi durante le prime settimane può indurre certi datori di lavoro a omettere di effettuare una valutazione dei rischi o ad effettuarla meno accuratamente di quanto avrebbero fatto se avessero dovuto redigere un documento cartaceo contenente i risultati della valutazione”.
  Il comma 3-bis dell’articolo 28 del D. Lgs n. 81/2008, così come modificato dalla legge Europea 2013-bis, ora così recita:
  “3-bis. In caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività. Anche in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e al comma 3, e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”, nel quale con la sottolineatura sono stati messi in evidenza i due periodi aggiunti dalla legge Europea. Da una prima lettura del comma sembra infatti che la modifica vanifichi la facoltà da parte del datore di lavoro, nel caso della costituzione di una nuova impresa, di elaborare il DVR entro 90 giorni dall’inizio dell’attività, essendo lo stesso comunque tenuto a documentare nell’immediatezza l'adempimento degli obblighi di cui alle lettere b), c), d), e) e f) del comma 2 dello stesso articolo 28 ma le cose non stanno così.
  Gli obblighi previsti dalle lettere b), c), d), e) e f) del comma 2 dell’art. 28, citati nei periodi aggiunti del comma 3-bis, sono:
b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;
f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
  Si fa osservare in merito che nella modifica apportata al comma 3-bis dell’articolo 28 non è stata comunque indicata la lettera a) secondo la quale al termine della valutazione dei rischi è necessario elaborare una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori durante la loro attività lavorativa, relazione nella quale devono essere specificati i criteri adottati per la valutazione stessa per cui, a parere dello scrivente, la modifica apportata potrebbe essere interpretata nel senso che i datori di lavoro che istituiscono nuove imprese, fermo restando la facoltà agli stessi assegnata di provvedere alla materiale elaborazione del DVR entro i 90 giorni dall’inizio dell’attività, sono comunque tenuti, dopo aver fatto la valutazione, ad attestare nell’immediatezza l’adempimento degli obblighi contenuti nelle lettere dalla b) alla f) con una idonea ed appropriata documentazione che successivamente potranno inserire nel DVR, documentazione che sono tenuti ad esibire all’organo di vigilanza nel caso di una visita ispettiva effettuata in questa fase dell’attività dell’azienda. Fonte: Punto Sicuro.
Obblighi di sicurezza da parte del datore di lavoro nei confronti degli stagisti utilizzati nel ciclo di produzione della propria azienda.
Un'azienda che produce abrasivi e che per far fronte a maggiori ma temporanei carichi di produzione affianca ai propri dipendenti degli stagisti utilizzati per preparare, ad inizio ciclo, l'abrasivo da mettere in lavorazione e alla fine del ciclo per lo smistamento e il confezionamento del prodotto da spedire, deve impartire agli stessi la formazione come da Accordo Stato Regioni? Gli stessi vanno sottoposti anche alla sorveglianza sanitaria?
Il quesito riguardante gli obblighi di sicurezza da parte di quei datori che intendono impiegare nella propria azienda in aiuto ai propri dipendenti degli stagisti, utilizzati per partecipare alle fasi lavorative della propria produzione, ci offre l’occasione per fare il punto della situazione sulle fonti normative e sulle disposizioni emanate a tutela della salute e della sicurezza di questa particolare categoria di persone.
Per potere rispondere correttamente al quesito è necessario partire dalla definizione che il legislatore ha dato del lavoratore ai fini dell’applicazione del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81. La stessa è contenuta nell’art. 2 comma 1 lettera a) del citato decreto legislativo secondo il quale il lavoratore è la:
  “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari”.
  Lo stesso articolo 2 comma 1 ha anche indicato però quali sono i soggetti che sono da considerarsi equiparati ai lavoratori, così come sopra definiti, precisando che:
  “Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l'allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione; i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile; il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni”
  dalla lettura del quale è facile osservare che fra gli equiparati ai lavoratori il legislatore, ai fini dell’applicazione del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, ha specificatamente inseriti appunto gli stagisti ed i tirocinanti.
  Per quanto sopra detto quindi ed in risposta al quesito formulato, nell’ipotesi in cui presso un’azienda siano presenti soggetti che svolgano stages o tirocini formativi, il datore di lavoro sarà tenuto ad osservare nei loro confronti tutti gli obblighi previsti dal D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. al fine di garantire la loro salute e sicurezza e di conseguenza quindi sarà tenuto ad adempiere agli obblighi formativi connessi alla specifica attività svolta, seguendo le indicazioni riportate nell’Accordo Stato-Regioni del 21/12/2011 sulla formazione dei lavoratori, nonché a sottoporli a sorveglianza sanitaria. Ciò comunque giustamente se si tiene presente che questi, lavorando in azienda assieme ai lavoratori dipendenti, corrono gli stessi loro rischi dai quali è necessario proteggerli e devono essere pertanto sia adeguatamente formati che fisicamente idonei ad affrontali. In tal senso si è anche espresso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in risposta ad un quesito allo stesso formulato l'1/10/2012.
  Certo può sembrare tutto complicato per uno che vuole utilizzare uno stagista o un tirocinante caso mai per un periodo anche breve e che per ciò si auspica una semplificazione delle disposizioni di legge in materia. Ma la prevenzione è questa e non la si applica in funzione della brevità della prestazione di lavoro o dell’esposizione ai rischi ma è finalizzata a tutelare la salute e la sicurezza di chiunque viene chiamato a prestare la propria attività per nostro conto a prescindere dalla sua età e dal tipo di rapporto. Fonte: Punto Sicuro.
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